Furono soprannominati anargiri, cioè «senza denaro» (dal termine greco anargyroi), perché curavano i malati senza chiedere compenso. Le fonti che ci sono pervenute convergono nell’indicarli come fratelli. Forse gemelli e appartenenti a una ricca famiglia d’origine araba, ricevettero un’educazione cristiana e completarono gli studi di medicina in Siria.
Medici per vocazione i santi Cosma e Damiano († 303) lo erano davvero. Non solo facevano quello che ogni medico dovrebbe fare, salvare vite umane (una verità elementare, negata dal relativismo morale che legittima aborto ed eutanasia), ma da veri credenti sapevano che la prima carità è far conoscere il Medico celeste: Gesù Cristo. Così, alla loro professione unirono l’annuncio del Vangelo, convertendo diversi malati al cristianesimo.
A volte guarivano con miracoli. Ma la loro fama di taumaturghi e benefattori non li risparmiò dalle persecuzioni, riprese sotto Diocleziano. Il governatore della Cilicia, Lisia, cercò di convincerli a omaggiare le divinità romane, avvertendoli che non avrebbe tollerato una ribellione alle leggi. «Nessuna legge ci può costringere a inchinarci ai vostri dei di fango. Noi adoriamo il Dio vivo e ci inchiniamo a Gesù Cristo Salvatore», risposero Cosma e Damiano. Infuriato, Lisia li fece sottoporre a torture tali che in alcuni documenti è scritto che furono martiri cinque volte. Il loro culto è antichissimo, come conferma il fatto che già il vescovo Teodoreto di Cirro (c. 393-458) parlava della divisione delle reliquie tra le chiese presto dedicate ai due santi.